Potete saltare la premessa e leggere Galeano

Premessa:

Qualche tempo fa presi una decisione, di chiudere un mio vecchio blog e di allontanarmi per contenuti in uno prossimo ( questo blog) da alcuni discorsetti.
Sono stata per un po' fra le file dei complottisti, ma sono scappata dopo aver visto le lotte interne, a niente è servito dire "ehiii se si litiga fra noi si fa il loro sporco gioco".
Sono anarchica( se proprio mi devo definire in un qualche modo) 
Dopo lotte di religione,guerre, mafia e molto altro ancora sono arrivata allo stremo psichico mi sono resa conto che dovevo fare un passo indietro,prendere le distanze, ogni lotta è una lotta a perdere quando non viene tenuto conto del fattore "x" che un uomo(in senso di umano) è pur sempre tale e le lotte vanno fatte prima contro il nostro "io" altrimenti come il mio  papà usava dire: inevitabilmente quando ci si reca al mulino ci sporca di farina ,che tu sia comunista, pacifista, anarchico, se non domi te stesso e l'appagamento personale è solo una triste storia che si ripete diventi come "loro".
Odio, gli day-qualunque cosa,non sopporto le campagne passaparola,  l'ultima la campagna di cui ho letto è la No Captcha day non sapevo se ridere o piangere ma è vero che Captcha sono una stronzata ,non tollero più nel mio blog manifestini vari,slogn di tutte le salse:contro Israele,contro il mondo,contro tutto.., un tempo  tenevo uno slogan che mi stava a cuore contro la mafia ma fra senso d'impotenza e amarezza nel costatare come queste campagne fanno da spalla ai soliti stronzi ingordi e balordi l'unico posto in cui resta quello slogan è nel mio cuore, triste è costatare come a volte proprio quei mezzi come slogan, passaparola, informazion  e campagne che dovrebbero essere al servizio della solidarietà, del cambiamento, diffondere la verità, diventino un trend del momento, qualcuno si ricorda ancora del Tibet? ...In Tibet non è cambiato nulla, tranne una piccola apertura al turismo di curiosi che almeno porta qualcosa.
Ho preso le distanze dalle organizzazioni umanitarie in genere,dopo la mia musata con Saven the Children e le loro notizie distorte sulla guerra in Libia al tempo di Gheddafi, dopo la mia lettera al direttore italiano di Saven the Children che gentilmente ha risposto,dopo due chiacchere con un giornalista presente in Libia, mi sono ritrovata ancora una volta alla nausea, la verità sta sempre nel mezzo e viene sempre depaurperata allo scopo di arrivare distorta e darci la visione che a loro i signori dalle mani forti fa comodo, storie che impietosiscono e ingrassano le casse delle organizzazioni umanitarie .
Ho preso le distanze da tutto, limitandomi a scrivere delle mie passioni, e forse a volte anche qualcosa di banale come raccontare di una giornata col mal di testa, ma è anche vero che però non posso fare a meno di ringraziare chi nella lotta è dentro, chi si sbatte davvero, chi rischia davvero,chi per lo meno ci prova, non posso fare a meno di leggere un articolo di Eduardo Galeano e provare un emozione condivisa nelle idee, non posso fare a meno di rompere il silenzio su certi argomenti e tornare a parlarne, non posso fare a meno di ammettere a me stessa che quella passione che mi smuove e la fermezza delle mie idee nonostante tutto non muoiono,vanno oltre al senso d' 'impotenza, vanno avanti  a dispetto del fatto che il mio raggio di azione è limitato e mi scuso anche con il mio post di avere rubato spazio all' articolo di Galeano il vero articolo che vorrei che leggeste...il mio è solo uno sfogo, domani passa ma quanto scritto da Galeano resta.

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                                       Perché il mondo premia i propri saccheggiatori?

Eduardo Galeano

Tradotto da  Elisa Bertelli


Il lanciatore di scarpe iracheno, che scagliò le proprie calzature verso Bush, è stato condannato a tre anni di carcere. Non merita invece un’onorificenza?
Chi è dunque il terrorista? Il lanciatore di scarpe o il suo bersaglio? Il serial killer che ha volutamente determinato la guerra in Iraq su un terreno di bugie massacrando una moltitudine d’individui, legalizzando e ordinando la tortura di altri non è forse il vero terrorista?




Il popolo di Atenco, in Messico, i Mapuche, indigeni del Cile, i Kekchies del Guatemala, i contadini senza terra in Brasile, tutti accusati del crimine di terrorismo per aver difeso i loro diritti e la loro terra, sono forse i colpevoli? Se la terra è sacra, anche se la legge non lo specifica, coloro che la difendono non sono altrettanto sacri?

Il luogo più pericoloso al mondo è la Somalia, secondo la rivista «Foreign Policy». Ma chi sono i pirati, gli affamati che assaltano le navi o gli speculatori di Wall Street che hanno attaccato il mondo per anni e che adesso vengono ricompensati con milioni e milioni di dollari per i loro sforzi?

Perché il mondo premia i propri saccheggiatori?

Perché la giustizia è una donna ciclopica e cieca? La Wal-Mart, la corporation più potente della terra, proibisce i sindacati. Anche McDonald’s. Per quale motivo tali corporation, che godono impunità penale, violano il diritto internazionale? È forse perché, nel mondo in cui viviamo oggigiorno, il valore del lavoro è minore di quello della spazzatura e i diritti dei lavoratori hanno un valore ancora più irrisorio?

Chi sono i virtuosi e chi i malvagi? Se la giustizia internazionale esiste veramente, per quale motivo i potenti non sono mai soggetti a giudizio? Le menti che hanno partorito i più efferati dei massacri non sono mai state dietro le sbarre. È forse perché sono proprio questi carnefici che posseggono le chiavi della cella?

Per quale motivo i cinque paesi detentori del diritto di veto in seno alle Nazioni Unite sono inviolabili? Questo diritto di veto ha forse origini divine? Chi riporrebbe la propria fiducia in qualcuno che, per mantenere la pace, approfitta della guerra?

È giusto che la pace nel mondo sia proprio nelle mani di quelle cinque nazioni che sono anche le principali produttrici di armi al mondo? Non vorrei peccare d’irriverenza nei confronti dei narcotrafficanti, ma tale situazione non potrebbe essere un altro esempio di crimine organizzato?

Stranamente, chiunque reclami la pena di morte non si pronuncia in merito a chi tiene le redini del mondo. Ancor peggio, tali rivendicatori si lamentano da sempre degli assassini armati di coltello, ma non si sono mai pronunciati sugli arciassassini armati di missili.

Per giunta, mi domando: dal momento che questi impuniti padroni del mondo sono così affascinati dall’assassinio, perché non sperare che indirizzino la loro inclinazione omicida verso l’ingiustizia sociale? È forse giusto un mondo in cui, ogni minuto, tre milioni di dollari vengono sprecati in ambito militare mentre, nello stesso arco di tempo, quindici bambini muoiono di fame o di malattie curabili? La comunità internazionale è armata fino ai denti, ma contro chi? Contro l’indigenza o contro gli indigenti?

Come mai i patrocinatori della pena capitale non dirigono la loro ira verso i valori della società consumistica che costituiscono una minaccia quotidiana per la sicurezza pubblica? O il costante bombardamento pubblicitario non costituisce forse un invito alla criminalità? Questo bombardamento non stordisce forse i milioni e milioni di giovani disoccupati o sottopagati, inculcandogli incessantemente le fandonie del tipo “avere = essere”, e possedere macchine o scarpe di marca significa esistere? Si continua a ripetere di avere, avere, insinuando che chi non ha nulla, quindi, non esiste.

Perché la pena di morte non si applica alla morte stessa? Il mondo è organizzato in funzione della morte. Non è forse vero che il complesso militare industriale fabbrica morte e divora gran parte delle nostre risorse ed energie? Per adesso, i padroni del mondo condannano la violenza solamente quando questa è perpetrata da altri. Se gli extraterresti esistessero, questo monopolio della violenza parrebbe loro incomprensibile. Ciò è in realtà insostenibile per noi terrestri stessi. Contro ogni certezza, speriamo ancora di sopravvivere: noi umani siamo gli unici animali specializzati nel mutuo sterminio, nonché sviluppatori di una tecnologia di distruzione che annichilisce simultaneamente il nostro pianeta e tutti i suoi abitanti.

Tale tecnologia si mantiene grazie al terrore. È il terrore del nemico che giustifica la dilapidazione di risorse da parte delle forze militari e di polizia. Per quanto riguarda l’applicazione della pena di morte, perché non mandiamo al patibolo la morte stessa? Non sarebbe doveroso porre fine a questa dittatura universale di allarmisti professionisti? I seminatori del panico ci condannano alla solitudine, tenendo la solidarietà lontano dalla nostra portata: a torto, ci insegnano che viviamo in un mondo in cui le regole sono dettate dalla competizione, che chi può deve schiacciare i propri colleghi, che dietro al prossimo aleggia il pericolo. Attenzione, ripetono incessantemente, quella persona ti deruberà, l’altra ti violenterà, i mussulmani hanno piazzato una bomba in quel passeggino, e quella donna dallo sguardo innocente che ti sta osservando ti trasmetterà sicuramente l’influenza suina.

In questo mondo che gira alla rovescia, sono riusciti a incuterci timore anche quando si tratta del più semplice atto di giustizia e di buonsenso. Nel momento in cui il Presidente Evo Morales ha dato il via alla ricostruzione in Bolivia, cosicché questa nazione a maggioranza indigena non avrebbe più provato vergogna guardandosi allo specchio, le sue azioni suscitarono il panico. In verità, dalla prospettiva tradizionale dell’ordine razzista, il difficile compito di Morales si è rivelato catastrofico: i sostenitori di tale opinione non accettavano altre soluzioni per la Bolivia. Secondo questi ultimi, è stato Evo a trascinare la Bolivia in un clima di caos e di violenza: questo presunto crimine giustificava gli sforzi volti a spazzar via l’unità nazionale, mandando in mille pezzi la Bolivia. Quando Rafael Correa, Presidente dell’Ecuador, si è rifiutato di pagare i debiti illegittimi del proprio paese, tale notizia destò sgomento nel mondo finanziario e l’Ecuador venne minacciato con punizioni terribili per aver solamente osato di dare il cattivo esempio. Se le dittature militari e i politici furfanti sono sempre stati viziati dalle banche internazionali, non ci siamo già lasciati condizionare e non abbiamo forse già accettato questa situazione come un futuro inevitabile, un futuro in cui le persone pagano per le ingiustizie che si abbattono su di loro e per l’avidità che li depreda?

Mi chiedo se ci sia sempre stata una scissione tra il buonsenso e la giustizia.

Il buonsenso e la giustizia non erano forse fatti per essere strettamente legati e avanzare di pari passo?

Il buonsenso, e anche la giustizia, non sono in accordo con lo slogan femminista, secondo il quale se noi uomini potessimo restare incinti, l’aborto diventerebbe un sacramento. Perché non legalizzare l’aborto? Forse perché in seguito l’aborto cesserebbe di essere l’appannaggio delle donne che possono permetterselo e dei dottori che ne traggono guadagno?

La stessa osservazione si può fare per un altro caso scandaloso che nega sia la giustizia che il buonsenso: perché le droghe non sono legali? Alla stessa maniera dell’aborto, questo non è un tema che riguarda la salute pubblica? Il paese in cui vi è il più alto numero di tossicodipendenti al mondo, quale autorità morale ha per condannare i narcotrafficanti? E i mass media, con tutta l’attenzione che consacrano alla guerra contro il flagello delle droghe, perché non divulgano mai che è l’Afghanistan che, da solo, soddisfa all’incirca tutta la domanda di eroina mondiale? Chi tiene le redini dell’Afghanistan? Non è forse occupato da un paese messianico che si è attribuito il potere di portare tutti noi verso la salvezza?

Perché le droghe non vengono legalizzate una volta per tutte? È forse perché rappresentano il miglior pretesto per invadere un paese militarmente, oltre che a fornire i guadagni più proficui alle più grandi banche che, nell’oscurità, si tramutano in centri di riciclaggio di denaro sporco?

Nel mondo, oggigiorno, regna la tristezza a causa del calo delle vendite di automobili. Una delle conseguenze della crisi mondiale è il declino di industrie automobilistiche che, altrimenti, sarebbero fiorenti. Se avessimo almeno un briciolo di buonsenso e un mero frammento di senso della giustizia, perché non festeggiare questa buona notizia?

Chi potrebbe negare che una diminuzione del numero di automobili è una cosa positiva per la natura, che tirerebbe un respiro di sollievo da questa situazione? Chi potrebbe negare l’enorme valore di questa diminuzione, constatando che meno pedoni moriranno?

Ecco come la Regina Bianca di Lewis Carroll spiegò ad Alice come si distribuisce la giustizia nel mondo attraverso lo specchio: “Quello è il Messaggero del Re. Adesso è in prigione poiché deve scontare una pena e il processo non comincerà prima di mercoledì prossimo: ovviamente, il crimine verrà commesso per ultimo.”

L’Arcivescovo Oscar Arnulfo Romero, a El Salvador, affermò che la giustizia, come fosse un serpente, mordeva soltanto coloro che erano scalzi. Morì a causa di ferite da arma da fuoco per aver proclamato che all’interno della sua nazione gli indigenti venivano condannati dall’inizio vero e proprio, ossia dal giorno della nascita.

Il risultato delle elezioni a El Salvador non potrebbe essere visto, in qualche modo, come un omaggio all’Arcivescovo Romero e alle migliaia di persone che, come lui, hanno perso la vita combattendo per far andare la giustizia nel verso giusto in questo regno di ingiustizia?

A volte i racconti della Storia finiscono in maniera avversa, ma la Storia, lei, non finisce mai. Lei, quando dice addio, dice invece: tornerò.




Per concessione di ComeDonChisciotte
Fonte: http://www.globalresearch.ca/i-hate-to-bother-you-is-justice-right-side-up/14767
Data dell'articolo originale: 24/01/2013
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=9181



Commenti

  1. Quando ho visto il post ho subito pensato: trooooooooooooppo lungo!!
    Però, dopo aver cominciato a leggere (e sì, ho letto anche la tua introduzione ;) ) sono arrivato velocemente in fondo.

    Tutto giusto e tutto vero: l'umanità deve maturare dall'interno, inutile sperare in leader illuminati fino a quel momento. Anche se ci fossero, la gente scegliere sempre Barabba...

    Un mio professore mi diceva sempre: "Da un lato hai la "forza della ragione" e dall'altro hai "la ragione della forza"...

    Mi pare che proprio su questo blog ti ho linkato la storia del lupo e dell'agnello ;)

    Passano i millenni, ma la storia, come dice Galeano, ritorna e si ripete.

    Cosa fare allora? Arrendersi? Lottare di certo non cambia niente. Però, cambia noi stessi: ho smesso di lottare per cambiare il mondo. Le lotte che supporto e per cui spendo energie, modificano me stesso, mi fanno sentire bene e mi fanno sentire vivo. Al di là poi del loro effettivo risultato...
    The show must go on

    Un abbraccio
    Hasta la victoria siempre :)

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  2. Sono decisamente vicina ad entrambi, da anni anche io non lotto più ... tranne nel caso venga fuori qualche discorso sull'argomento che mi fa infervorare, e allora parto in quarta a disquisire e non mi fermano più! Poi mi rendo conto che ... tanto ... non è cambiato nulla lo stesso!

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  3. E in questo Mira credo che abbia ragione Joker, cambiar eper cambiare noi stessi è tutta un onda che prudurrà comunque sia i suoi frutti.
    Grazie per essere passata.

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  4. Grazie a te per gli scritti sempre molto interessanti! Cambiare me stessa? Questo posso farlo nella speranza che possa davvero servire a qualcosa!

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